In queste ore la regione Veneto è alle prese con l’allarme West Nile: i casi di contagio umano dal virus West Nile ufficialmente registrati dalla Direzione Prevenzione della Regione sono 84, dei quali 59 “lievi” (con febbri) e 25 più gravi con encefalite. Il numero dei decessi è salito a 3, con quello di una persona, peraltro già gravemente malata.
Per fortuna, tutto è stato organizzato nel migliore dei modi: il Piano Regionale contro le Arbovirosi 2018 è attivato e attuato in tutte le sue parti; le Ulss e i Sindaci collaborano e si tengono in costante contatto e le iniziative che si rivelano necessarie, come interventi di disinfestazione straordinaria, vengono effettuati.
Ma la regione deve fronteggiare anche l’allarme pertosse, che sta dilagando tra i neonati.
Il caso più grave riguarda una piccola venuta al mondo tre settimane fa, figlia di una coppia straniera: si trova ora ricoverata in terapia intensiva all’ospedale di Padova.
Sembra che la madre e il padre non fossero coperti dal vaccino, ma sono ancora in corso gli accertamenti. Non è stato possibile verificare le informazioni perché il paese d’origine non aveva a disposizione il registro vaccinale.
E, nello stesso ospedale, nella giornata di lunedì sono stati registrati altri due casi: due neonate, rispettivamente di due mesi e di due mesi e mezzo, sono difatti giunte al pronto soccorso pediatrico coi medesimi sintomi – vale a dire tosse, febbre e difficoltà respiratorie – e sono ora ricoverate in pediatria d’urgenza ma non in pericolo di vita.
Le due bambine ora sono tenute sotto stretta osservazione dal personale medico e sanitario del Dipartimento di salute della donna e del bambino e sono sotto terapia antibiotica per cercare di debellare il batterio nel minor tempo possibile. Tutte e tre sono in isolamento, perché la malattia è molto contagiosa.
Immediatamente è scattata la profilassi anche per i familiari delle neonate, e per le persone che sono state a stretto contatto con loro.
Bambine che hanno meno di tre mesi di vita e che quindi non potevano ancora essere protette dalla vaccinazione obbligatoria. I medici però consigliano tanto alle donne in gravidanza quanto ai genitori già vaccinati di fare il richiamo dato che l’immunità tende a svanire col tempo.
La pertosse può portare a situazioni irreparabili, come la morte: due neonate sono decedute a Bergamo tra giugno e luglio.
Il rischio ora è che si diffonda tra i bimbi più piccoli e più deboli non coperti dal vaccino, causando la recrudescenza di un’epidemia.
Ricordiamo che il morbillo è una malattia infettiva di origine batterica molto contagiosa, causata dal batterio Bordetella pertussis. Un altro batterio della stessa famiglia, il Bordetella parapertussis, è all’origine di una malattia simile, la parapertosse, che si manifesta però con sintomi più lievi.
La pertosse è diffusa in tutto il mondo, ma è diventata assai rara, specialmente nei Paesi in cui è stata introdotta la vaccinazione generalizzata nell’infanzia.
Oggi il 90% dei casi di pertosse si registrano proprio nelle popolazioni in cui non viene effettuata la vaccinazione, e in questi casi la pertosse può portare a una mortalità elevata nei bambini.
Il vaccino per la pertosse è in forma combinata, con quello per tetano e difterite (DPTa). Ne esistono due formulazioni: una pediatrica, indicata fino a sei anni, e una per adulti, utilizzata dopo i 7 anni, generalmente per i richiami.
Per il lattante, la vaccinazione DPTa è contenuta nel vaccino esavalente, che, come dice il nome, protegge da sei malattie (pertosse, difterite, tetano, poliomielite, epatite B e infezioni da Haemophilus influenzae di tipo B).